Da Boston – Sabato sera, il centro di Boston sembrava la scena di un film … girato nel set sbagliato! Non tanto per la neve che cadeva orizzontale tra i grattacieli, spinta da un vento talmente forte e gelido da trapassare qualsiasi indumento, quanto per il fatto che sullo sfondo c’erano prati ancora coperti di erba fitta e alberi ancora pieni di foglie. Il tutto, reso ancora più surreale da increduli e intirizziti ragazzotti all’uscita dalle tante feste di Halloween che, come Zombie affamati (alcuni mascherati proprio da Zombie affamati), vagavano a gruppi, nelle strade vuote, alla ricerca disperata di un taxi.
E pensare che qui, di questi tempi la cosiddetta “estate indiana” (equivalente della nostra “estate di San Martino”) permette agli appassionati di quello che ormai e’ il carnevale americano di indossare costumi creativi e succinti senza rischiare la polmonite, e ai turisti di ammirare, senza imbacuccarsi troppo, gli straordinari colori del famoso “Autunno del New England”, fenomeno unico al mondo in cui le foglie degli aceri, prima di cadere, trasformano ogni panorama in un enorme tavolozza.
Due milioni di americani al buio
Stavolta invece, paradossalmente, quelle stesse foglie hanno lasciato piu’ di due milioni di americani al buio. Il motivo principale dei blackout che dalla Pennsylvania al Massachusetts hanno interrotto elettricità, comunicazioni e trasporti sono infatti le cadute di alberi e rami le cui chiome, ancora quasi intatte in ottobre, hanno moltiplicato l’effetto di una neve, per giunta, più umida e pesante del solito.
Secondo gli esperti, unanimi nel definirla “storica”, una perturbazione così violenta e fuori stagione non si era mai vista; specialmente per quanto riguarda la neve che in alcune zone, dove di solito non se ne vede fino a Natale, ha raggiunto addirittura il mezzo metro – battendo tutti I record registrati negli annali per il mese di ottobre.
Eppure come accade per tutti gli eventi atmosferici estremi, di questa terra estrema per definizione, anche stavolta il bilancio dei danni e delle vittime, (purtroppo salite, mentre scrivo, a nove) dipende anche dalle strutture precarie e vetuste di cui l’apparentemente moderna America continua a dotarsi.
Di fatto le linee elettriche, e telefoniche di molte zone – non solo rurali ma anche e soprattutto urbane e suburbane – sono ancora un groviglio di cavi penduli, arrotolati e collegati alla meno peggio, alimentati da trasformatori appesi a vecchi pali della luce tarlati, spesso appoggiati e sorretti dagli alberi circostanti. Non deve stupire se poi, ad ogni ramo che cade, una casa, una strada o un quartiere rimane senza corrente.
Per lo stesso motivo – con case in cui il cemento si limita alle fondamenta e i cui muri portanti sono intelaiature in legno e cartongesso riempite da un isolante con la consistenza (e il colore) dello zucchero filato – ogni uragano o tornado che tocca terra, lascia inevitabilmente dietro di se i segni di un bombardamento a tappeto.
Va detto che quest’anno, la natura si è davvero accanita, specie con il Nord Est. In cinque mesi la cosiddetta Megalopolis – il corridoio che, unendo Washington a Boston, attraverso Baltimora, Philadelphia e New York, forma una della zone più abitate del pianeta – ha subito quattro eventi a dir poco inusuali, almeno per questa zona degli USA: un tornado, un terremoto, un uragano, e adesso questa super nevicata fuori stagione.
Il tutto sullo sfondo di una crisi economica anch’essa senza precedenti, o quasi, che di sicuro non aiuta né a riparare i danni recenti né tantomeno a limitare quelli futuri aggiornando, una volta per tutte, le infrastrutture.