I giornali di tutto il mondo commentano la sentenza della Cassazione su Berlusconi e il processo Mediaset. Ecco come.
La prima volta di Silvio Berlusconi: è questa, di tutte le sfaccettature umane e politiche della sentenza della Cassazione che conferma verdetto e parte della condanna con cui la corte d’Appello di Milano sei mesi fa aveva riconosciuto il tre volte primo ministro colpevole di frode fiscale, quella che spicca nelle aperture dei siti di informazione europei – giornali o TV che siano – unanimi nel dare risalto all’epilogo del processo Mediaset e al suo possibile impatto sull’intera vita pubblica nel nostro Paese. La prima volta che dopo 34 processi tra civili e penali, appelli, ricorsi e quant’altro, il protagonista indiscusso della politica italiana è stato ufficialmente condannato, in via definitiva e incontrovertibile, per un reato.
“Una sentenza storica” la definisce lo spagnolo El Pais, durissimo con il Cavaliere ( titolo che fanno notare a Madrid, adesso potrebbe anche perdere) definito dal quotidiano iberico come un leader “convinto che per dribblare la legge bastasse la pressione del potere” e “leggi confezionate su misura dai propri governi”, la cui frenetica carriera è finta bruscamente “dopo aver tentato di far credere alla nazione che i suoi guai giudiziari fossero un regolamento di conti politici”. E pensare, conclude il giornale spagnolo, che a temere più di tutti questo risultato erano paradossalmente (ma non troppo) i suoi “ancestrali nemici politici ora diventati suoi soci di governo.”
Anche il francese Le Monde che apre il sito con una foto a tutta pagina di un Berlusconi che definisce “visibilmente invecchiato in pochi mesi” prevede di un “piccolo terremoto” nel paesaggio politico italiano. “Ora è normale che una parte della sinistra giudicherà impensabile continuare a governare con un partito guidato da un condannato” osservano lucidi gli analisti d’oltralpe secondo i quali : “la già fragile coalizione destra-sinistra italiana è adesso più che mai in pericolo.”
L’inglese BBC, che sceglie di aprire il suo sito con un fermo immagine del video messaggio del’ex premier scuro in volto come non mai, non è convinta che per Berlusconi questa sia davvero la fine “è ancora troppo presto per scommetergli contro,” avverte il network nazionale britannico nello spazio dedicato al commento, nettamente separato – come meglio di tutti i media anglosassoni sanno fare – dalla cronaca e dai fatti.
Con la stessa britannica cautela affronta l’argomento The Guardian: “la conferma dell’interdizione sarebbe stata un grosso ostacolo alle sue ambizioni politiche,” riflette il giornale londinese, “così invece può ancora sedere in parlamento e continuare a guidare il suo partito.”
Poi, per dovere di cronaca e di equilibrio, cita il commento di Beppe Grillo che paragona sul blog la sentenza di oggi alla caduta del muro di Berlino – commento ripreso un po’ da tutti in Europa, incluso ovviamente il tedesco Frankfurter Allgemeine che come gli altri da grande risalto alle notizie da Roma – sia quelle già arrivate sia quelle che, come conseguenza, potrebbero arrivare nel futuro.
Sul segno negativo che avranno gli strascichi della sentenza della Cassazione non sembra avere dubbi il New York Times, l’unico mezzo di informazione americano che – attento come sempre alle vicende italiane – ha approfondito a dovere la vicenda, ignorata, al contrario, dai tg serali e trattata dalla CNN come poco più di un flash d’agenzia, (tutti impegnati, i network, a seguire altri processi – Castro, il mostro di Cleveland, Manning, il soldato “talpa” di Weakileaks – , nonche’ perfettamente consapevoli del fatto che il Bunga Bunga, in America come altrove, fa nettamente più audience del falso in bilancio).
“Probabilmente la decisione di riesaminare l‘interdizione dai pubblici uffici servirà solo a prendere tempo,” prevede il corrispondente da Roma del quotidiano Newyorchese considerando già il “fragile governo Letta sulla strada della crisi”.
Altrettanto pessimista il Wall Street journal, l’altro giornale americano che da buon foglio finanziario si preoccupa – seppur nelle pagine interne – dei possibili risvolti economici sentenziando: “le divisioni interne alla coalizione di governo renderanno ancora più difficile varare le riforme necessarie a stimolare la crescita in un paese che nonostante rappresenti la terza economia d’Europa, rimane incagliato nella peggior recessione del dopoguerra.”