Dopo il voto negli Usa, il Senato rimane democratico, la Camera repubblicana. Nonostante i buoni propositi e gli appelli all’unità la politica si ritrova profondamente divisa.
Da Boston
«La democrazia è rumorosa e conflittuale», ha detto Barack Obama appena rieletto alla folla festante della sua Chicago, «ma questo Paese non è solo un insieme di Stati rossi e Stati blu: in fondo siamo un grande famiglia americana». Pochi minuti prima in un’atmosfera diametralmente opposta nella sua Boston (ma sua fino a un certo punto perché ai musi lunghi del convention center facevano da contrappunto i festeggiamenti a pochi chilometri di distanza della città più democratica d’America), Mitt Romney aveva detto che le divisioni facevano male all’America e che d’ora in poi bisognava cercare di lavorare tutti insieme.
Ma le divisioni ci sono state eccome per almeno un anno, e fino a pochi minuti prima, quando alla mappa che diventava sempre più blu (qui il rosso al contrario che da noi è il colore della destra) fino a decretare una vittoria più netta del previsto per il presidente in carica, i repubblicani hanno esitato ad ammettere pubbicamente la sconfitta annunciata alle 11,20 ora di New York dalla Cnn per almeno un’ora e mezza, non fidandosi della proiezione del risultato dell’Ohio (stato in bilico per eccellenza) rivelatosi poi visto il risultato provvisorio confermato al momento – 303 voti elettorali a 206, ininfluente.
Obama, dopo essere stato in svantaggio per tutta la lunga notte elettorale, si è anche aggiudicato, con un milione e mezzo circa di suffragi di scarto, il voto popolare fugando così anche le polemiche su chi dei due sia stato il vincitore “morale”. Tuttavia quando Romney ha “concesso”, come si dice qui, lo ha fatto con classe, un po’ meno i suoi sostenitori accorsi da tutta l’America – al punto da intasare l’aeroporto di Boston di jet privati – al convention center di Boston. Prima diversi di loro hanno fischiato il candidato sconfitto, poi all’uscita si sono confermati più scontrosi del solito con la miriade di giornalisti presenti – con i quali, va detto, i repubblicani tanto amichevoli non sono mai stati.
Ma tant’è: l’America stamattina si risveglia con l’inquilino della Casa bianca confermato per altri quattro anni e – nonostante le smentite retoriche dei due contendenti – più divisa che mai. Ma gli spartiacque erano quelli annunciati: le città, le minoranze etniche, le donne con Obama, le campagne, gli uomini e i bianchi con Romney. Prevista anche la situazione al Congresso: la Camera rimane repubblicana, il Senato democratico. In più tutti gli Stati “in bilico” sono stati vinti di misura dall’uno o dall’altro. Dunque dopo questa lunga notte elettorale sul filo di lana “lavorare assieme” nonostante le promesse dei due (ormai non più) sfidanti appare più difficile che mai.