Analisi di una campagna strana e avvelenata, tra un ex Presidente che cerca di tornare alla Casa Bianca e una Vice che cerca di restarci.
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Cari Concittadini,
Quando leggerete questo articolo saremo praticamente a ridosso delle elezioni americane. In realta’ “Election Day” (lo scrivo in inglese visto che ormai, siccome fa figo, si dice cosi anche da noi) sara’ martedi prossimo.
Io scrivo di elezioni americane dal lontano 2000, quando per avere un Presidente, tra Al Gore e George W Bush, (quell’elezione fu cosi combattuta che in Florida contarono i voti a mano) aspettammo piu’ di un mese. E come tutte le volte, mi permetto di ricordarvi, un paio di cose non da poco:
– Uno, qui non conta il voto popolare ma i voti si contano per stato. Dunque ci sono stati che a seconda di quanti ci vivono contano di piu’ o di meno. Faccio un esempio, il Massachusetts, dove vivo io, nonostante sia piccolo, conta 12 voti: il Montana, 14 volte piu grosso ne conta solo 4. In tutto i voti totali sono 538 e per vincere bisogna conquistarne almeno 270. Quest’anno gli Stati in bilico sono almeno 6 e tutti con valori seri, dai 10 del Wisconsin ai 19 della Pennsylvania. Chiaramente gli sforzi anche economici dei candidati sono concentrati li, e il fatto che il mio stato vota a sinistra a prescindere, mi risparmia il mare di spot con cui sia la vice presidente Kamala Harris che l’ex presidente Donald Trump, li stanno inondando.
– Due, qui i giornali, per quanto si autodefiniscono obbiettivi (di certo lo sono molto piu’ che in Italia) prendono le parti di un candidato, sia nelle elezioni locali che in quelle nazionali, e lo fanno apertamente, (qui si chiama “endorsement”). Dico la verita’, all’inizio la cosa mi lascio’ molto scioccato, ma poi mi ci sono abituato, al punto tale che – se avete la pazienza di leggere questo articolo fino alla fine – un endorsement lo faro anch’io.
Leggo e traduco testualmente dalla sezione commenti del New York Times di stamattina: “Donald Trump afferma che perseguiterà i suoi nemici, ordinerà deportazioni di massa, userà i soldati contro i cittadini, abbandonerà gli alleati, giocherà a fare politica con i disastri… Credeteci!”. Non lo chiamano “Fascista”, come hanno gia’ fatto una serie di personaggi che hanno lavorato con lui, ma poco ci manca. Poi, visto che c’erano, nel magazine mettono un’intervista a Robert Paxton, famoso studioso del fascismo, e lo fanno dire a lui.
Io non posso non dire che al New York Times abbiano tutti i torti, ma, per ora, mi astengo dal commentare (e dal metterci un ulteriore carico) perche’, cari concittadini, voglio ricordarvi un’altra cosa che secondo me e’ altrettanto fascista, se non peggio. Nella grande tradizione americana degli endorsements anche il Washington Post aveva probabilmente scritto qualcosa di simile, ma il suo proprietario, il miliardario Jeff Bezos, gli ha impedito di pubblicarla.
Non tanto perche’ ami Trump (anzi fino a poco tempo fa sembra che i due si odiassero) quanto per non irritarlo in caso vincesse. Ora, Bezos e’ il padrone di Amazon (che io da sempre considero l’Anticristo, ma questo e’ materiale per un altro articolo, lungo, tra l’altro) dunque piu’ di tanto non mi sorprende. E continua a non sorprendermi nemmeno che Elon Musk (il padrone di Tesla, X e, sembra, l’uomo piu’ ricco del mondo) abbia dato il suo appoggio a Trump, anche perche’ con i tagli alle tasse che ha promesso, l’uno e l’altro risparmierebbero milioni e milioni di dollari.
Quello che mi sorprende e che mi sconforta profondamente, e’ che a un sacco di gente, qui, di tutto quello che ho detto fino adesso non gliene frega niente! Assolutamente niente!!
E per saperlo non bisogna leggere i sondaggi che danno i due candidati in parita’. “Non c’e’ niente”, diceva Giacomo Leopardi “come l’esperienza, per l’arte di viver nel mondo, e di conoscer gli uomini e le cose.” Basta uscire per poche miglia da queste – poche e buone – citta’ americane dove si ragiona con la testa, e andare a lavorare per un po’ dove alla gente mancano i denti e invece di farseli rimettere preferisce riempirsi le braccia di tatuaggi che costano magari piu’ di un ponte o di una radice canalare. Dove e’ piu’ semplice prendersela con gli immigrati – anche se sono quelli che lavorano di piu’ – piuttosto che con le spese della scuola, della sanita’ e dei prezzi al consumo, che non vengono tagliati perche’ si preferisce togliere le tasse a chi ricco gia’ lo e’! E dove si crede che, se la benzina costa mezzo dollaro in meno, il presidente puo’ anche andare a regalare il vaccino anti-covid a Putin e scambiarsi lettere d’amore con i dittatori della Corea del Nord. “Magari non si comporta bene ma e’ stato scelto da Dio”. Anche questo ho sentito dire … veramente non se ne puo’ piu!
Purtroppo, dall’altra parte c’e’ una vice presidente che piu’ di tanto non convince, anche perche’ non ha mai vinto un elezione seria (Senatrice della California da democratica, troppo facile!) e che alla Casa Bianca e’ stata tenuta in ombra per tre anni e mezzo da un Presidente, Joe Biden, che, per quanto mi sia sempre piaciuto tanto, avrebbe dovuto ritirarsi molto tempo prima. Poi una serie di cambi di idea, sull’immigrazione e sull’energia, che pero’ fanno fatica e convincere gli indecisi. Infine, dobbiamo dirlo, e’ una donna di colore (e a tanta gente purtroppo la cosa non piace), figlia di una scienziata indiana – morta qualche tempo fa – e di un politologo marxista con cui non ha piu’ rapporti, ma che l’hanno cresciuta piu’ di sinistra di quanto adesso dice di essere.
Pero’, dietro di se ha tutto il partito – i soldi che in tre mesi ha messo insieme non sono un caso – e una serie di ex Repubblicani frustrati da Trump. Tanto per cominciare l’ex speaker della Camera Nancy Pelosi, Il leader della maggioranza in Senato, Chuck Schumer, I Clinton, e Barack Obama, uno dei piu’ grandi oratori della storia americana … magari, cari concittadini, potessimo ancora votare per lui; e un programma che, per quanto pieno di buchi, dara’ sussidi a chi fa figli e si compra casa, pagato in parte con le tasse di chi puo’ permettersele, invece che tagliarle a Jeff Bezos e Elon Musk; e, piu’ che altro, una che, se le elezioni le perde, ringrazia e se ne va. Mentre se le vince, come spero, l’altro chissa’ quanti mesi e quanti ricorsi ci fara’ aspettare, sempre che, come tre anni fa, non chieda ai seguaci (molti dei quali tatuati e senza denti) di andare di nuovo a invadere Capitol Hill.