E Tre! Mo’ basta, pero’! – L’Azione

Riflessioni del nostro corrispondente dopo la terza (e speriamo l’ultima)  operazione a cuore aperto

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Mi sveglio in piena notte con un discreto dolore al petto: di sicuro non e’ un infarto (i dolori interni – e io lo so bene – sono inconfondibili). Riprendo conoscenza del tutto e mi rendo conto immediatamente che si tratta solo dell’aver dormito per almeno tre ore nella stessa posizione, cosa che con il torace rotto, cioe’ aperto e richiuso 8 ore dopo, puo’, un paio di settimane dopo

l’operazione, causare un minimo (si fa per dire) di fastidio fisico. Va beh: mi tiro su, e dopo un paio di dolorosissimi colpi di tosse (ecco quella, con torace rotto e rattoppato, non la auguro nemmeno al mio peggior nemico) mi giro dall’altra parte e torno immediatamente a dormire.  

“E tre!”, dico tra me e me prima di riscivolare (senza antidolorifici di nessun tipo) tra le braccia di morfeo.

E si’, cari concittadini, se io i sintomi del post operatorio cardiaco li conosco bene (e ormai li tratto come quelli dell’influenza) e’ perche’ sono tre volte che ci passo attraverso e tre volte (ancora qualche altro giorno e finiscono anche questi) che li supero. E in realta’ – da buon veterano – ogni volta e piu’ facile di quella precedente.

La prima, 15 anni fa, e’ stata terribile: tanto per cominciare nessuno mi ci aveva preparato. Alle 8 di un sabato mattina mi si strappa l’aorta, d’en bleu. Alle 12 sono sotto i ferri, ci sto per almeno 8 ore, e alle 5 del mattino dopo mi sveglio con piu’ tubi addosso che (letteralmente) buchi per metterli. Operazione super- difficile (anche se io non lo sapevo – o almeno non del tutto) fatta in piena emergenza con il pericardio gia’ pieno di sangue … (e non continuo con i particolari solo perche’ alla digestione dei miei lettori ci tengo). Chiaramente ando’ bene, anzi benissimo viste le premesse – che io scoprii dopo. Ma il post-operatorio fu lungo e impegnativo per una serie di motivi fisici (con cui non voglio tediarvi) e psicologici cioe’ – ripeto – sintomi assurdi a cui ero tutto men che preparato.

Undici anni dopo, di vita pressoche’ normale, mi arriva nel febbraio 2017 una telefonata dal mio cardiologo – uno famoso, italoamericano, con il padre anche lui medico e famoso almeno quanto lui – che mi dice “Odio essere il portatore di brutte notizie ma quel che e rimasto fuori della tua aorta dall’ultima operazione si e’ ingrandito al punto che bisogna rioperare di nuovo”. Li’ per li’ fu un piccolo shock – anche se un po’ me l’aspettavo. Ma sia lui, sia il chirurgo che il dipartimento tutto, hanno cominciato da subito a rassicurarmi: “e’ una cosa di ordinaria amministrazione, la facciamo quando vogliamo, durera’ tra le tre e quattro ore, finiamo il lavoro cominciato undici anni fa e non ci mettiamo piu’ le mani”. Io mi lascio rassicurare e vado sotto i ferri tranquillo come se dovessi aggiustare un tubo dell’acqua a casa (fermi il sangue lo fai circolare da un’altra parte, ripari il tubo, riapri l’acqua e vai a pranzo …). Peccato che l’operazione duro’ 11 ore invece di tre, mi risvegliai con un ictus piu’ grosso di me, che non mi permetteva ne’ di dire ne’ di scrivere il mio nome su un pezzo di carta, e con una valvola finta talmente attaccata male che appena quattro anni dopo lasciava rientrare parte del sangue pompato nel cuore. (Io nel frattempo superai l’ictus in pochi mesi contro tutte le previsioni leggete “Amore e Tigna” sulle pagine di questo giornale. Mentre i “padreterni” che mi avevano seguito sono spariti dalla circolazione e soprattutto dal mio radar. Ma questo e’ materiale per un altro articolo).

E adesso, cari concittadini, passiamo al presente. Arriva l’estate 2021 e io dopo un lungo anno di produzione televisiva comincio finalmente a godermela. Tennis, golf, mare, una vacanza in Italia ecc … Eppure mi viene l’insonnia (cosa di cui non ho mai sofferto). Mi si gonfiano le gambe  e comincia ad accorciarmisi il fiato. Tutti sintomi di scompenso cardiaco congestivo (“congestive heart failure” in inglese fa ancora piu’ impressione) che io pero’ non sapevo di avere. Ecco, in questi casi serve un’amica cardiologa che a un certo punto ti dice “vai dal dottore e fatti un bel checkup”. Detto lei (l’amica cardiologa), fatto io! Dottore, ospedale (direttamente), una settimana a urinare 12 chili di fluidi accumulati, poi tre settimane ricoverato per vari motivi tra cui uno assicurativo (anche qui c’e’ materiale per un altro articolo) e infine la terza operazione a cuore aperto, l’unica possibile risoluzione a una valvola attaccata male che prima o poi si sarebbe staccata del tutto! Stavolta la “cacalippa” era veramente tanta (a parte l’attesa snervante c’era anche il fatto di essere la terza operazione e dunque con grande rischio che le cicatrici delle prime due avessero danneggiato – staccandosi – il cervello). Alla fine ho deciso di farmela nell’ospedale dove mi sono ricoverato e non in quello famoso in tutto il mondo con medici che pero’ spariscono se le cose vanno male. E ho fatto bene! E’ andata bene che meglio non poteva andare. Ringraziando Iddio e tutto il team del Boston Medical Center. E adesso sono qui con qualche minimo dolore al petto a raccontarvela: non due anni dopo (come la prima per il trauma) e non 5 mesi dopo (come la seconda per l’ictus) ma stavolta nemmeno un mese dopo.

Ok cari concittadini, mi dicono che come il caffe’ a Starbucks la quinta operazione e’ gratis. Io pero’, essendo arrivato a tre, vorrei anche fermarmi. Come al solito anche stavolta non ho imparato niente, se non cose che gia’ sapevo. Ma una cosa l’ho – se non altro – confermata: stavolta ho condiviso informazioni ed emozioni con tutti usando la mia mailing list, e tutti mi hanno risposto, anche una serie di persone che non sentivo da anni (o almeno non sulla chat): auguri e preghiere, in tutte le lingue e tutte le religioni. Alla fine – oltre alle innumerevoli visite in un mese di ricovero – ho messo insieme 26 pagine di pensieri positivi che mi hanno accompagnato fino all’ultimo respiro prima di intubarmi. E mi hanno sostenuto dopo il risveglio. Ecco, questi sono i ritorni di una vita di investimenti in rapporti umani .. e lo posso dire? Non mi sono mai sentito piu’ ricco di cosi!           

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