Assalto dei “trumpisti” al Capitol: pagina vergognosa ed inquietante per l’America ma in fondo conveniente per politici, media, e giganti del web.
Le immagini le avete viste e riviste tutti, cari concittadini, dunque e’ inutile starvele a descrivere. E con voi le ha viste tutto il mondo (cosa che da fiero cittadino americano quale sono mi rattrista assai!) Tuttavia, un po’ di contesto, in un mondo che, oltre a
“guardar solo le figure”, ormai non legge neanche piu’ le didascalie, mi sento in dovere di darvelo.
I manifestanti pro-Trump, o terroristi domestici come ormai li chiamano tutti, che il giorno della Befana hanno attaccato il Capitol, non si erano svegliati male perche’ nella calza invece che giocattoli e dolcetti avevano trovato carbone. (NdA – Nota dell’Autore: Quello di Washington si chiama “Capitol’ non “Campidoglio”. Quello sta a Roma e basta! .. Oh, per una volta che c’e’ bisogno di usare l’inglese …)
Certo, la notte precedente, una notizia “nera” – almeno per loro- , era gia’ arrivata dalla Georgia: nel ballottaggio, lo stato di Martin Luther King aveva sostituito, per quanto di misura, i due senatori Repubblicani con i loro sfidanti Dem, ribaltando, anche se altrettanto di misura, la maggioranza alla Camera alta, e dunque rendendo di fatto Democratico l’intero parlamento.
Ma in realta’ le migliaia di supporter convenuti di fronte alla Casa Bianca per ascoltare “l’istigatore in capo”– cosi’ come i milioni che l’hanno fatto da casa loro – gia’ si svegliavano male da un paio di mesi, cioe’ da quando il 3 novembre scorso il “loro” Presidente ha perso le elezioni e ha cominciato a “mentire” – con una serie di parlamentari, network e siti web conservatori a fargli da altoparlante – dicendo di averle, al contrario, vinte, non fosse per una serie di “presunti” imbrogli e di frodi elettorali perpetrati in vari Stati.
Se dico “mentire” e “presunti”, cari concittadini, non e’ per simpatia politica, ma perche’ le prove di tali brogli non sono mai state prodotte o riconosciute da alcuna corte, ne’ Statale, ne’ Federale, ne’ tantomeno dalla Corte Suprema dove Donald Trump, grazie a un Senato ancora Repubblicano, era riuscito a nominare, in tre anni, ben tre giudici “amici”, con la speranza, anzi la certezza, che in un frangente del genere l’avrebbero appoggiato. Un po’ come fanno i mafiosi da noi con gli amministratori locali. Ma Washington non e’ la Locride, o una qualsiasi repubblica delle banane centramericana. E quando i poteri sono separati, separati davvero, non bastano un paio di giudici amici e qualche parlamentare complice per sovvertire un risultato elettorale.
Come non basta aizzare qualche migliaio di illusi venuti da tutta America (con solo qualche dozzina di veri facinorosi nelle proprie fila) e mandarli a rompere i vetri di un Congresso che, due chilometri piu in la’, ratificava a fatica quel risultato in una cerimonia normalmente “proforma”, ma animata, in questo caso, da un discreto numero di deputati e senatori che quel risultato continuavano a metterlo in dubbio – nonostante tutto – sincerandosi – soprattutto – che le telecamere fossero accese e che i milioni di elettori “trumpisti” delusi, fossero sintonizzati.
Certo che non e’ bastato! I colpi di stato, tanto cari ai dittatori e dittatorelli amici di Trump, non si fanno con i figuranti mascherati da Village People o da Attila dei Poveri (NdA – pensate un po’ che quello piu famoso di tutti con le corna da diavolo e’ un Italoamericano dell’Arizona che di cognome fa Angeli … dopo uno dice, gli viene da ridere!) I golpe si fanno con i generali, e con il benestare di parte dell’esercito e delle elites nazionali, e con orde barbariche vere – assetate di sangue vero; altroche’ portarsi a casa il podio della Presidente della Camera Nancy Pelosi o farsi i selfie sulla sedia del Vice Presidente Mike Pence! E le rivoluzioni non finiscono alle 6 solo perche’ il sindaco dichiara un coprifuoco e finalmente qualcuno decide di chiamare la polizia, quella vera! Di sicuro non con soli 5 morti, tre dei quali probabilmente d’infarto, in un paese che negli armadi ha piu’ pistole che palle da baseball.
L’unico risultato di quell’ultimo, goffo, e soprattutto ingenuo, tentativo di Trump di cambiare la storia a proprio favore spedendo quell’armata Brancaleone sotto il “cupolone” – convinta in cuor suo di essere nel giusto, al punto di fotografarcisi – e’ stato quello di farlo apparire “cattivo” agli occhi di milioni di americani che, quella mattina, si erano svegliati pensandolo come “il buono” della situazione. O che comunque, nel peggiore dei casi, a novembre, ancora lo vedevano come il “male minore”.
Quelle sei ore (tanto e’ durata la “rivoluzione del selfie”) sono state per lui una “zappa sui piedi” di dimensioni bibliche. E per tutti coloro che, fino a quel punto, gli avevano appoggiato il sempre piu’ delirante e imbarazzante disegno – fingendo di crederci -, un’occasione d’oro per pulirsi la coscienza e sbarazzarsi per sempre di lui. E lo sapevano tutti, dal suo Vice in giu’, ben prima che succedesse. Tutti tranne lui, il “sobillatore in capo”.
Secondo me, cari concittadini, solo cosi’ si spiega il Capitol presidiato da una forza di polizia degna una riunione di condomino – prima – e la fretta – poi – dei pochi ministri fedelissimi rimasti di dimettersi dal suo gabinetto, e dei senatori e deputati Repubblicani di appoggiare i loro colleghi Democratici nell’iniziare un altro processo d’impeachement a due settimane da fine mandato o addirittura nel farlo “passare da matto” invocando il 25esimo emendamento (che permette di rimuovere un Presidente giudicato incapace di intendere e di volere) – misure che, se dovessero andare in porto, gli impedirebbero, a vita, di candidarsi a qualsiasi incarico federale.
Il tam – tam televisivo e’ cominciato quasi subito: “Attacco alla Democrazia”, “Insurrezione” e altri paroloni simili ripetuti all’infinito. Nel frattempo Twitter, poi a ruota, Facebook, Youtube, e tutti gli altri potentati dell’Internet, si erano gia’ “portati avanti col lavoro”, bandendo a vita il principale responsabile di miliardi di click (e dunque di dollari nelle loro casse) dalle loro piattaforme social. (NdA – come se tutti, si fossero svegliati di soprassalto da un incantesimo, capendo finalmente chi fosse davvero Donald Trump!)
Vergogna! Vergogna! Vergogna! A tutte e tre le categorie: politici opportunisti, media conservatori, e giganti del web.
Detto questo, cari concittadini, adesso ci sono da sperare due cose:
Uno: che ci si ricordi di tutta la partita e non solo dei salvataggi in corner in “zona cesarini”, e che i media (anche quelli “liberal”) applichino nell’additare i topi saltati giu’ dalla nave prima del naufragio, lo stesso zelo sfoggiato nell’identificare il “cornuto” italoamericano e i suoi amici invasati, tornati a casa con qualche “cimelio” della “gitarella” a Washington.
Due: che sia chiaro a tutti, specie a sinistra, che morto (politicamente) un Trump se ne fa un altro. E che, come gli hooligans dopo una partita persa, per quell’armata Brancaleone discesa sulla capitale il giorno della Befana, (e i milioni che da casa hanno fatto il tifo per loro) l’elezione persa e’ solo l’ultimo pretesto per sfogare frustrazione cronica e insoddisfazione profonda. Che non si sognino, i vincitori – con quella spocchia radical chic che gia’ ne caratterizza parecchi – di umiliare o peggio demonizzare i perdenti. La storia ce lo insegna bene, cosi’ facendo, dove si va a finire. (NdA – Anche perche’, qui, con l’aria che tira, gli “Angeli con le corna” ce li ritroviamo per strada, altroche’. E magari con un mitra in mano – al posto del telefonino.)