Scampato all’Impeachment, Trump sembrava invincibile: poi e’ arrivato il Covid 19
“E’ stata un gran flagello questa peste; ma è anche stata una scopa; ha spazzato via certi soggetti, che, figliuoli miei, non ce ne liberavamo piú.”
Cosi’ Don Abbondio nell’ultimo capitolo de “I Promessi Sposi” commenta la morte di Don Rodrigo, il prepotente signorotto locale che molestava le donzelle e terrorizzava i preti, almeno quelli pavidi come lui, per dissuaderli dal difenderle. La “Peste” in questione e’ quella che nel 1630 decimo’ la popolazione del Centro Nord Italia uccidendo in un anno almeno un quarto degli abitanti delle maggiori citta’: dunque il paragone con il virus che quasi quattro secoli dopo, nella coda di questo strano inverno senza neve, sta facendo preoccupare il mondo, grazie a Dio, non regge.
Cosi come nessuno – di certo non il sottoscritto – si sogna di auspicare la morte “fisica” di nessuno. Ma quella politica si! Quella sono in tanti ad augurargliela – sottoscritto compreso – al nostro “Rodrigo” a Stelle e Strisce, il presidente Donald Trump, che dalla Casa Bianca di Washington decide le sorti dell’America e del Mondo con la stessa mentalita’ e gli stessi metodi con cui dal suo “Palazzotto” di Lecco, il feudatario immaginato dal Manzoni gestiva gli abitanti di quel famoso “ramo del Lago di Como che volge a mezzogiorno”.
Appena un mese fa, fresco di assoluzione dall’ “impeachment” (cioe’ la rimozione dall’incarico per aver cercato l’aiuto di un paese straniero nello screditare il probabile avversario elettorale Joe Biden) Trump sembrava – e si sentiva – assolutamente invincibile. Dalla sua c’era un’economia dai numeri record (almeno a Wall Street e nelle tasche dei suoi finanziatori) un indice di gradimento popolare altrettanto record (alimentato dal network FoxNews e da un e da un uso scaltro e mirato dei social network), e un Senato talmente “amico” (o meglio pieno di politici preoccupati di non perdere la poltrona) che dopo l’impeachment sarebbe stato pronto ad assolverlo da tutti i reati del codice, dall’”abigeato” al “vilipendio”.
E a contrastarlo, dalla parte opposta, un partito democratico avvilito dal tentativo di impeachment andato a vuoto, imbarazzato dal fiasco organizzativo dalla prima tornata di primarie (quella dell’Iowa) dove per giorni non e riuscito contare i voti di uno staterello di neanche tre milioni di abitanti, e diviso tra ben sei canditati presidenziali che hanno trasformato l’ultimo dibattito prima del Super Tuesday, (il “supermartedi’” elettorale in cui in una solo giorno votavano 14 stati su 50) in un caotico e sgradevole “tutti contro tutti” con nulla da invidiare a certi talk show nostrani.
Dunque il nostro “Don” del terzo millennio (e del nuovo mondo) aveva tutti, ma proprio tutti i motivi per dare sfogo a quelle tendenze e quei modi da assolutismo illuminato (tanto di moda nell’Europa seicentesca raccontata dal Manzoni) gia’ ampiamente dimostrate in tre anni di presidenza: epurazioni arbitrarie e vendette trasversali, tradotte nello specifico in licenziamento in tronco di tutti i testimoni dell’impeachment – sia al ministero degli esteri che ai servizi segreti – e sostituzione di tutti gli elementi “ostili” con altri “fedeli”, a prescindere dalle loro capacita’. E grazie, concesse a chi – nonostante gia’ condannato – avesse fatto o favorito in qualche modo i suoi interessi.
In barba alla separazione dei poteri, l’indipendenza del giudiziario e di tutti i bei principi democratici che ci ha lasciato in eredita’ la rivoluzione francese, “Don” Trump, un mese fa, aveva cominciato a fare esattamente questo.
Nel Frattempo i Democratici avevano cominciato a riorganizzarsi e, saggiamente, alla vigilia del Supertuesday i due candidati moderati rimasti si erano messi a rimorchio di Joe Biden permettendogli di salire in testa alla corsa per la nomination. Poi con l’aiuto dell’ex sindaco di New York, il plurimiliardario Mike Bloomberg, che dopo aver gettato la spugna come candidato cominciera’ a finanziargli la campagna elettorale, Biden (ex Vice di Obama) ha anche cominciato a diventare un avversario credibile.
Ma prima ancora era stato proprio Bloomberg a intravedere – da candidato – il tallone d’Achille del Presidente in carica. Dall’inizio dell’emergenza Coronavirus le centinaia di spot comprate a suon di milioni avevano messo in luce l’incompetenza con cui e’ stata (e ancora e’) gestita la peggior crisi sanitaria del nostro secolo. E se avesse aspettato un paio di settimane avrebbe anche risparmiato un sacco di soldi.
Si’ perche’ grazie al tam-tam di siti web, TV e giornali, amplificato dall’altoparlante della satira politica, le uscite infelici di chi dovrebbe rassicurarci sono ormai, di dominio pubblico: siamo passati da: “Abbiamo fatto un ottimo lavoro nel contenere il virus,” quando ancora non si chiamava nemmeno Covid, a “Ci sono tamponi per tutti” quando tutte le autiorita’ sanitarie dicevano esattamente il contrario, passando per il delirante: “Passera’ miracolosamente quando fara piu’ caldino” fino al criminale: “Andate a tranquillamente a lavorare che tanto vi passa”. Ciliegina sulla torta: “Secondo me il tasso di mortalita’ e’ molto piu’ basso: lo dico per istinto, io queste cose le capisco, al punto che invece del presidente avrei potuto fare il medico”.
Ecco, magari sarebbe stato meglio! Anche perche’ per quanti malati possa ammazzare, un cattivo medico non riesce a fare i danni di un pessimo Presidente. E uno che di fronte a un emergenza del genere – pur di non perdere consensi o di non fare scendere il Dow Jones – racconta frottole, sapendo di raccontarle, si puo’ solo chiamare cosi.
E se le bugie sui numeri dell’economia o sugli aiuti militari negati all’Ucraina hanno le gambe corte, quelle che mettono a diretto repentaglio la salute pubblica sono a dir poco paraplegiche; e avranno un bel daffare Foxnews e i vari portavoce a contestualizzare positivamente le ‘boutade’ del presidente in conferenza stampa, in TV, o peggio su twitter. L’emergenza Coronavirus qui in America e’ appena iniziata e da come si stanno mettendo le cose non ha assolutamente l’aspetto di sparire quando “comincera’ a fare piu’ caldino”.
In realta’ la peste del 1630 e’ finita l’anno successivo grazie (ma non solo) al motivo opposto cioe’ un inverno particolarmente freddo. Anche questa peste moderna prima poi finira’, sicuramente uccidendo meno gente ma in quanto a “flagello” sta gia’ dimostrando di esserne uno non da ridere. E chissa’ forse a Novembre si dimostrera’ essere anche la “scopa” di cui parla Don Abbondio. Qui ci sperano in tanti – sottoscritto compreso – anche perche’ o spazziamo via questa amministrazione “figliuoli miei” o sara’ lei a far piazza pulita di quel poco di credibilita’ rimasta all’America nel mondo.