… Tu Sei lo mio Maestro, lo mio Autore … (L’Azione)

Un ricordo Personale di Giovanni Sartori,
Politologo di fama mondiale e
Padre della Scienza Politica Italiana

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Screen Shot 2017-04-12 at 8.25.54 AMAveva quasi 93 anni e io a parte una stretta di mano e pochi secondi di conversazione non lo conoscevo neppure di persona. Eppure dopo aver saputo della scomparsa di Giovanni Sartori non sono riuscito a smettere di pensarci e soprattutto di avere gli occhi lucidi. Sembra strano, cari concittadini, e per un po’ e’ sembrato strano anche a me.
Poi invece, pensandoci meglio, mi sono reso conto che di fatto sarebbe strano il contrario. E vi spiego il perche’.

Un giorno del lontano, ahime’ lontanissimo 1996, ero in un bar a Bologna coll’esimio professor Piero Ignazi, docente di Scienza della Politica e parte della mia commissione di laurea. Per me era un momento importante – non ricordo se mi fossi appena laureato o avessi appena consegnato la tesi, comunque un momento importante. Il fatto che stessi condividendo un drink con quello che percepivo come un “professorone” di quelli grossi non era un caso. Non solo: ma per me quella situazione era gia’ di per se’ un evento, quasi un rito di passaggio, perche’ dimostrava, nella mia mente di studentello di provincia, che in un certo qual modo ce l’avevo fatta, e per la prima volta mi sentivo finalmente parte di un mondo che mi affascinava e che fino a qual momento avevo percepito, dall’esterno, come al limite dell’irraggiungibile.

Parlando del corso di cui Ignazi era appunto titolare, e che avevo superato qualche tempo prima con un certo successo, dissi candidamente “Io Sartori me lo porterei su un isola deserta.” Chiaramente non intendevo lui, Giovanni Sartori, al tempo docente della Columbia University e politologo di spicco ascoltatissimo da tutto il mondo politico (e non) italiano. Bensi’ il suo libro, Partiti e Sistemi di Partito che lui gia’ famosissimo e riconosciuto internazionalmente come uno dei massimi analisti di tutti i tempi, scrisse in inglese e che io in inglese studiai.

imgresPer la scienza politica, che Sartori sdogano’ per primo in Italia come disciplina a se stante, quel tomo e’ tutt’oggi una Bibbia, o meglio un Nuovo Testamento: cioe’ l’applicazione delle teorie dei classici (i vari Locke, Montesquieu, Tocqueville) alle dinamiche del mondo attuale con un analisi schematica, lucida e inconfutabile di tutte le varianti in cui l’autorita’ e il potere vengono gestite e organizzate nell’amministrare le societa’ contemporanee. Il tutto, per giunta, con un linguaggio semplice, diretto e comprensibile. (Lui si che se lo meritava il prefisso “chiarissimo” con cui in Italia si definiscono i docenti universitari!)

Io quei classici li avevo gia’ amati profondamente, ma poiche’ scritti in epoche piu’ o meno remote li avevo trovati a tratti ostici sia da comprendere sia soprattutto da applicare alla societa’ reale, che mi circondava e che io non ancora trentenne avevo da poco cominciato a decifrare. Ebbene, il Sartori aveva non solo unito tutti i punti del mosaico ma addirittura, almeno per me, acceso una luce sul quadro che l’unione di quei punti rivelava, fornendo uno strumento preziosissimo per catalogare, analizzare e in ultima analisi capire qualsiasi Stato e qualsiasi societa’ osservata. Fantastico! Un illuminazione vera e propria, che nella mia mente di laureando fugo’ gli ultimi dubbi (non tanto sulla scelta della facolta’, .. a quella ci avevano gia’ pensato Locke, Montesquieu e Tocqueville, quanto sul fatto che nel caso fosse andato male il giornalismo, il mio piano B sarebbe stata la carriera universitaria, la ricerca, l’insegnamento nel campo delle scienze sociali, anzi per l’esattezza, nelle Scienze Politiche).

Immaginate, dunque, cari concittadini il mio scoramento quando in quel bar di Bologna Ignazi (famoso e quotato anche lui) forse cercando di essere spiritoso con gli altri suoi colleghi che erano con noi al bancone mi rispose “Io su un isola deserta ci porterei Alba Parietti!”. Prontamente, stando al gioco, replicai “Per carita’: antipatica e rifatta (gia’ allora pensate un po’), magari Valeria Marini.” Poi in un guizzo di orgoglio e di desiderio di far notare al “chiarissimo” docente la mancanza totale di sensibilita’ nello sminuire gli entusiasmi accademici di un ragazzotto fresco di laurea aggiunsi. “Anzi sa cosa professore, ne Parietti ne Marini, io sull’isola mi porto Sartori.” Tuttavia quella battuta di pessimo gusto (secondo me anche in fatto di donne) mi rimase sulla pelle, per anni, e mi torna su ancora oggi come le cipolle e i peperoni, sempre piu’ acida, ogni volta che sento parlare di fuga di cervelli, di crisi della ricerca e di rassegnazione della gioventu’ italiana: ma questo e’ materiale per un altro articolo.

Nel frattempo, ad ogni editoriale sul Corriere, ad ogni laurea ad honorem (otto in totale), cresceva in me – scribacchino e politologo da bar – l’innamoramento intellettuale per questo Machiavelli del 20esimo secolo, fondatore nel 1971 della rivista Italiana di Scienza Politica, e vincitore nel 2005 del Premio ‘Principe delle Asturie’, considerato universalmente il Nobel della politologia. Sempre attento e puntuale nell’applicare la dottrina alla pratica, bacchettando gli eccessi e gli imbrogli di palazzo – specie quelli italiani – senza peli sulla lingua da buon Toscano, e senza paura di ripercussioni da buon residente all’estero.

Fino all’ultimo respiro, Giovanni Sartori e’ stato la voce della coscienza della classe politica cantandole chiare (anzi “chiarissime”) a tutti senza distinzione di parte o di ruolo (al punto di essere chiamato “rompiballe” da Silvio Berlusconi)… altro che litigare con i giudici di Ballando con le Stelle!! Secondo me dopo una settimana sull’isola si sarebbe pentito anche il prof. Ignazi di non essersi portato il libro di Sartori, .. ma anche questo, cari concittadini, e’ materiale per un altro articolo.

sartori-home-bigQuesto invece, (articolo, intendo) vorrei concluderlo con un aneddoto. Era l’autunno del 2001 in una New York ancora scioccata e coperta dalla polvere dell’11 settembre. Da giorni, anzi settimane, lavoravo senza sosta nella sede americana della RAI assistendo colleghi molto piu’ blasonati di me nel loro tentativo di dare un senso a quella tragedia. Anche in quel caso – secondo il principio che ‘non c’e’ disgrazia che non porta fortuna’ – cominciavo ad avere, come in quel bar di Bologna cinque anni prima, la sensazione di essere entrato a far parte di un mondo affascinante e fino a poco prima percepito come irraggiungibile. Un giorno mentre correvo come sempre con le cassette in braccio (al tempo la TV digitale non si sapeva nemmeno cosa fosse) intravedo una figura familiare: un signore gia’ anziano, magro, stempiato, e dall’inconfondibile lungo naso appuntito: era lui, Giovanni Sartori in carne ed ossa.

Batto sul tempo l’arrivo dell’ascensore che stava aspettando insieme a Giulio Borrelli, all’epoca corrispondente USA del TG1, e mi presento. Gli stringo la mano e balbetto qualcosa … lui mi risponde, gentilmente, qualcos’altro. Ebbene, talmente intensa fu l’emozione di quell’incontro, cari concittadini, che io di quella conversazione, non ricordo assolutamente nulla. Ne intuii i contenuti dal racconto che ne fece qualche tempo dopo Borrelli, scomodando addirittura il Sommo Poeta: “Avreste dovuto vedere Salimbeni con Sartori,” disse, se non ricordo male ad una cena, “sembrava Dante con Virgilio: tu sei lo mio maestro, lo mio autore …”.

Di fatto, cari concittadini, prima di allora, di personaggi famosi ne avevo gia’ incontrati e intervistati parecchi, e da allora ne ho incontrati e intervistati molti di piu’. Ma, un emozione cosi’, come un ragazzina davanti a una rockstar, non l’avevo provata ancora e da allora non l’ho provata piu’. Normalmente, la fama di per se non mi accelera granche’ il battito cardiaco; l’intelligenza e la saggezza si’. E se in vent’anni di giornalismo qualche palpitazione l’ho avuta, piu’ che al cospetto di attori, cantanti e campioni sportivi e’ stato davanti ad autori, pensatori e intellettuali.

Ma mai, dico mai, niente che si avvicini alla tempesta emotiva che provai nello stringere la mano a colui che nei tanti necrologi che ho letto (e che inevitabilmente mi risvegliano quell’emozione) viene definito, senza se e senza ma, come il padre della Scienza politica italiana. Forse perche’ in quell’autunno del 2001 ero ancora giovane e inesperto. O forse, anzi, quasi sicuramente, perche’ almeno nel campo a me piu’ caro e familiare, Giovanni Sartori era – ed e’ – il piu’ grande di tutti.

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