Giovedi’ sera verso l’una di notte, al ritorno dalla cena del Thanksgiving, (la tradizionale abbuffata del giorno del ringraziamento a base di tacchino e contorni ipercalorici assortiti) sono passato, in macchina, davanti al mio ‘Best Buy’ di quartiere, punto vendita della maggiore catena di elettronica Americana, una delle pochissime sopravvissute alla crisi.
Considerata la fila, che faceva praticamente il giro del negozio – grande quanto un palasport italiano di provincia – e le temperature del novembre Bostoniano, ho pensato bene di tirare dritto.
Ci sono tornato alle 10 del mattino seguente. La fila non c’era piu’, in compenso il parcheggio, di dimensioni adeguate al negozio, era un complesso gioco ad incastro con posti auto conquistabili solo grazie al giusto mix di pazienza e strategia. Proprio come I (pochi) prodotti (molto) scontati che quest’anno, si calcola, nell’intero ponte del ringraziamento attireranno nei negozi oltre 152 milioni di Americani – piu’ della meta’ della popolazione censita.
Quest’anno poi questa forsennata sessione di shopping prenatalizio e’ cominciata prima del solito. Il “Black Friday” o venerdi’ nero, chiamato cosi’ per indicare il giorno in cui nei bilanci annuali i commercianti finiscono di coprire le spese andando in attivo (in “nero” appunto) e’ iniziato di giovedi’. Catene tematiche e grandi magazzini hanno pensato bene di aprire i battenti ai “cacciatori di saldi” fin dalla sera del ringraziamento (la maggior parte a mezzanotte ma qualcuno addirittura alle 9) praticamente nel mezzo della digestione, col rischio di finire di rovinare del tutto l’unica ricorrenza Americana non commerciale rimasta.
Per tutta risposta, una nazione in piena crisi economica, ha reagito affollando ulteriromente i negozi, che secondo le prime stime hanno servito rispetto all’anno scorso un 10% di clienti in piu’. E nonostante sapessi benissimo che fare un reportage sul Black Friday Americano con un po’ di soldi in tasca e’ come andare a intervistare i malati di influenza aviaria senza vaccino, una volta trovato parcheggio mi sono avventurato anch’io nella bolgia dei compratori forzati.
Nel negozio, gia’ provato dai segni del ‘saccheggio’ notturno, un banditore chiamava ad alta voce i nomi di chi, chissa’ quanto tempo prima, si era prenotato o per accaparrarsi qualche prodotto che forse in giornata sarebbe tornato sugli scaffali o semplicemente per avere l’attenzione di commessi gia’ esausti all’ora di colazione. E al mio futile tentativo di trovare – ben dieci ore dopo l’apertura – uno dei computer portatili superscontati proposti mi e’ stato prontamente risposto: “La cosa migliore e’ provare on-line”.
Di fatto da qualche anno, Internet fa parte integrante del black Friday. Sia come ultima spiaggia per i ritardatari che possono approfittare del ‘cybermonday’ ( il lunedi’ cibernetico) sia come alternativa (non garantita tuttavia) per chi il tacchino preferisce ancora digerirlo a letto. Cosi’ a ridosso del pranzo a base di avanzi del giorno prima ( altra tradizione antica e immancabile) il sottoscritto e’ riuscito a trovare prodotto e prezzo desiderati, nel grande magazzino virtuale del web.
Restava da andarselo a prendere pero’. Dunque alle 6 di pomeriggio: altra spedizione da ‘Best Buy’. A quel punto, col negozio aperto da 18 ore, si cominciava addirittura a trovare parcheggio. In compenso la fila alle casse ricordava in maniera preoccupante quella – esterna – della notte prima. Lo stesso banditore (poveraccio) continuava ad urlare i nomi dei prenotati: certo l’attesa per un po’ d’attenzione era molto diminuita, in modo proporzionale tuttavia alla quantita’ di merce rimasta sugli scaffali che a quell’ora assomigliavano piu’ che altro a quelli di un supermercato o di una ferramenta la sera prima dell’uragano.
Ovviamente il mio computer non c’era ancora. Nell’attesa (vana, tra l’altro, visto che lo avrebbero consegnato solo il giorno dopo) osservavo la gente in fila, gente di tutte le razze e di tutte le eta’, che ogni anno crisi o non crisi continua ad uscire di casa nell’unica vacanza in cui il calendario permette qualche giorno di pace, ad accalcarsi per comprare cose che spesso non servono, con soldi che, ahime’ ancora piu’ spesso, non hanno. Forzati dello shopping, che anzi, diventano ancora piu’ numerosi in tempi di vacche magre – il che sarebbe comprensibile se I saldi riguardassero cibi in scatola e coperte piuttosto che cellulari e videogames.
“Pensi che per le TV da 42 pollici a 200 dollari c’era gente in fila da mercoledi’ sera, e sono finite dopo appena due ore” mi dice la cassiera interrompendo le mie riflessioni macroeconomiche. “Sono 365 dollari” continua dopo aver scansionato, lo schermo gigante per il mio altro computer, la tastiera e il mouse senza fili (con cui sto scrivendo questo articolo), e la macchina fotografica digitale ad alta definizione, con cui stavo tornando a casa alle 8 passate. “Per il suo portatile, ripassi domani” conclude “arrivederci e buon weekend del ringraziamento!”
In quell’istante ricordo di aver pensato “stavolta oltre al vaccino mi sa che ho dimenticato anche la mascherina!”