Cari concittadini,
E’ emblematico che nel giorno del solstizio d’estate il cielo di Fabriano non abbia mai smesso di piangere. E ancora piu’ emblematico allestire, il giorno prima, la camera ardente per l’ultimo saluto a Vittorio Merloni nello storico stabilimento di Albacina, simbolico punto di partenza – e purtroppo, con la sua recente chiusura, di arrivo – della parabola dell’unica vera ‘famiglia reale’ fabrianese.
E come ogni famiglia reale che si rispetti, i Merloni, col proprio regno e coi propri sudditi hanno intrecciato per almeno mezzo secolo onori ed oneri, riassumibili in un formula semplice ed efficace, da sempre: quella medievale “ubbidienza in cambio di protezione” che nel ventesimo secolo diventa’ “collaborazione in cambio di prosperita’,” ma che, al netto dello “jus primae noctis” e qualche altro arbitrio minore, rimane fondamentalmente la stessa cosa: un contratto sociale che per i 50 anni che hanno coinciso con la vita professionalmente attiva dei tre rampolli maschi del capostipite, Aristide: Vittorio, (il piu’ giovane, il piu’ famoso e ahime’ il primo ad andarsene) Francesco e Antonio, ha fatto vincere un po’ tutti – come in fondo succede per tutti i contratti sociali che funzionano.
Non stupisce dunque il fatto che la Cattedrale non sia bastata a contenere nemmeno la meta’ dei fabrianesi – e non – che hanno voluto accompagnare il “principe degli elettrodomestici” alla soglia del suo ultimo viaggio. Normalmente, riempire col proprio funerale la chiesa piu’ grande della citta’, nonche’ la piazzetta antistante, e’ privilegio – e magra consolazione – di chi muore giovane. Il fatto di riuscirci a 83 anni basta, da se, a dimostrare di aver fatto, in vita, qualcosa di seriamente buono e giusto.
Non sta a me elencare i meriti del compianto capitano d’industria: in questi giorni lo stanno gia’ facendo, in massa, colleghi piu’ quotati e soprattutto piu’ informati di me. Io pero’, da buon fabrianese fin nel midollo spinale (nonostante gli ormai 20 anni d‘America) non riesco a non sottolineare – con tutti i rischi di impopolarita’ che ne conseguono – quel che di buono e giusto Vittorio, buonanima, e i suoi fratelli NON sono (a prescindere dalle intenzioni) riusciti a fare: trasmettere alle generazioni successive, come tutte le famiglie reali che si rispettano, il legame con – e la gratitudine per – il territorio a cui tanto hanno dato e che tanto ha dato loro in cambio. Al punto che per estinguersi, (o abdicare che dir si voglia), la dinastia non ha nemmeno aspettato che si estinguessero i sovrani.
E mi fermo qui: nei giorni di lutto parlar troppo e’ fuori luogo; e poi, cari concittadini, quello che avrei da dire, voi che a Fabriano ci abitate, beh, lo sapete meglio di me. Altro che solstizio d’estate … qui dovrebbe piovere fino a settembre.