Dopo le parole del Papa, Lacrime e promessse: il paese si sente migliore
“Ieri sera su questo palco c’era il Papa: ha usato le nostre luci e i nostri altoparlanti: ci ha ringraziato per iscritto e io gli ho chiesto se in cambio mi aiutava a restare fuori dall’inferno … sto aspettando la risposta …” il cantante Billy Joel esordisce cosi’ al concerto di sabato, rimandato di un giorno per lasciare spazio alla messa del Santo Padre la sera prima. E il Madison Square Garden (che sta a Joel come l’Olimpico sta a Venditti) gremito in ogni ordine di posti esplode in un un boato quando il cantautore-simbolo della grande mela aggiunge “A parte gli scherzi, questa per me e’ un serata speciale!”
In realta’ speciale, in America, e’ stata tutta la settimana, non solo per coloro – e sono tanti – che il Papa sono riusciti a vederlo di persona, ma anche per chi ne ha semplicemente seguito il fitto e intenso calendario in televisione: l’arrivo a Washington, l’incontro con Obama, il discorso al Congresso, quello alle Nazioni Unite, seguiti a reti unificate da tutti i network e, in mezzo, tutte le messe, le visite (particolarmente emozionante quella al carcere di Filadelfia) gli incontri e anche i semplici spostamenti (che tra bagni di folla e misure di sicurezza senza precedenti, tanto semplici non sono stati) raccontati passo passo dai canali all-news.
Come in una sorta di animazione sospesa, i media americani hanno interrotto la copertura fiume di una campagna elettorale incendiata in largo anticipo dagli eccessi e le provocazioni del magnate Donald Trump e trascurato in un certo senso tutto il resto, compresa la visita del presidente cinese Xi Jinoing , evento importantissimo nei tempi e nei contenuti, del quale, tuttavia non sembra essersi accorto quasi nessuno.
Tutte, o quasi, le telecamere erano rivolte su Jorge Bergoglio, e tutti i commentatori intenti ad analizzarne i gesti, le parole, i simboli – a volte trovandone anche dove non ve ne fossero. “He walks the talk” (in italiano sarebbe “fa seguire i fatti alle parole”), la riflessione piu’ comune e frequente, riferita al fatto che, per esempio, fa aspettare Obama per salutare i fedeli venuti da tutta l’America per vederlo o arriva su una FIAT, minuscola, in mezzo a tante Limousine e Jepponi blindati.
Di questi tempi le immagini, dovunque ma soprattutto in America, viaggiano ben oltre le parole. Potentissima quella – inedita fino ad ora – del Papa seduto al posto di Obama, con dietro i presidenti di Camera e Senato, (entrambi uniti dalla fede cattolica nonostante divisi profondamente su molti temi) che parla alle Camere riunite in una sorta di Stato dell’Unione “morale”. E potenti anche i contenuti di quello che di questa settimana speciale e’ stato, politicamente, il momento clou.
Il discorso di Bergoglio, un “rimprovero senza puntare – trovandosi in casa d’altri – troppo il dito” come l’ha definito il biografo Paul Vallely sul New York Times, ha toccato tutti i punti caldi – inclusi i nervi scoperti – del dibattito politico interno. Ce ne e’ stato per tutti: tuttavia, e in questo la stampa e’ stata unanime – l’Huffington post lo dimostra addirittura contandone le parole –, ha chiamato per nome le istanze care all’ala liberal (i riferimenti a emigrazione, diseguaglianza sociale, cambiamenti climatici hanno suscitato standing ovation nella parte sinistra dell’emiciclo – un po’ meno quelli alla pena di morte e al commercio delle armi), mentre per quelle che da sempre i conservatori sventolano come bandiere ideologiche si e’ fermato alle allusioni (“sacralita’ della vita” invece di “aborto”, “centralita’ della famiglia” al posto di “matrimonio gay”) suscitando dal lato destro dello spetro politico qualche mal di pancia in piu’.
Cosi’ facendo, pensano in molti, dal piu’ moderato ‘Atlantic’ al laicissimo ‘New Yorker’, Bergoglio ha in un certo senso ‘sdoganato’ i “credenti di sinistra”, i “Democratici che vanno in chiesa”, da quel pudore con cui nella vita pubblica professavano una fede che per anni sembrava quasi monopolizzata dai Repubblicani.
Non a caso gran parte dei commenti ufficiali – a vari gradi di entusiasmo – sono arrivati da parte democratica; non ultimo quello di Hillary Clinton, in corsa per la Casa Bianca, che riprendendo le parole di Francesco, in un editoriale sul settimanale ‘National Catholic Reporter’ promette, una volta eletta, di “mettere l’ambiente in cima all’agenda presidenziale.”
A parte le inevitabili strumentalizzazioni politiche, comunque, l’intervento del Papa al Congresso e’ stato un successo su tutta la linea: al punto da far partecipare i giudici della corte suprema , che non applaudono mai, ad una standing ovation ed a far commuovere fino alle lacrime una serie di deputati e senatori che in quanto a cinismo e disincanto non hanno niente da invidiare a nessuno.
E un successo e’ stata l’intera visita del pontefice negli Stati Uniti, una nazione che oggi, a giudicare dai commenti ufficiali – e non – dopo questa settimana speciale, si sente un po’ migliore, se non altro arricchita di qualche spunto di riflessione in piu’. Una sensazione che sembra coinvolgere tutti, non solamente i 70 milioni di cattolici e gli altri piu’ di 100 di protestanti, riassunta perfettamente da Wazed Ahmed, tassista musulmano del Bangladesh che mi riportava in stazione a New York, proprio mentre Francesco si imbracava sull’aereo per Roma: “in questi giorni era tutto bloccato e abbiamo perso un sacco di lavoro .. ma sai che ti dico, quello [Papa Francesco] e’ un uomo giusto, e la sua presenza a questa citta’ e questo Paese di fuori di testa non puo’ far altro che bene!”