Il magnate ‘sopra le righe’ domina tra i repubblicani e infiamma, con largo anticipo, la campagna per le primarie USA
Oggi cari concittadini, voglio parlarvi di Donald Trump. Qui ne parlano tutti, e in realta’ piu’ che di lui, e’ proprio del fatto che ne parlino cosi’ in tanti, e cosi’ tanto, che mi voglio occupare.
Di fatto, il magnate dell’edilizia, o “palazzinaro” – termine che gli si applica alla perfezione e che nell’inglese americano purtroppo manca – piu’ famoso d’America e del mondo, guida innegabilmente – in alcuni casi di gran lunga – tutti i sondaggi tra i tanti (ancora troppi) candidati repubblicani alla nomination per la Casa Bianca.
Ma la cosa ancora piu’ insolita e’ che a ben 14 mesi dal voto vero e proprio, quello che decidera’ l’inquilino di 1600 Pennsylvania avenue , la campagna, almeno quella dei Repubblicani sembra entrata nel vivo, neanche fossimo, alla viglia del voto in Iowa – lo Stato che inaugura l’interminabile serie di voti interni ai due partiti maggiori che servono a determinare da Gennaio fino alle Convention estive il ‘cavallo vincente’ da far correre a Novembre.
Cosi’ il dibattito tra gli 11 candidati Repubblicani con il piu’ alto indice di gradimento ( in realta’ ce ne sono 16 ma gli altri 5 li hanno fatti incontrare alle 6 di pomeriggio quando la televisione notoriamente non la guarda nessuno specie sulla costa Ovest visto che li’ sono le 3), il dibattito dicevo, trasmesso dalla CNN in prima serata il 16 settembre scorso, annunciato presentato e pubblicizzato nei giorni precedenti come fosse una partita di football, … beh, di una partita di football – e di quelle importanti anche – si e’ portato a casa gli ascolti; 23 milioni di telespettatori, record mondiale e olimpico, di tutti i tempi per un evento che, in condizioni normali, sarebbe indirizzato a, e guardato da, pochi addetti ai lavori e news buffs (i drogati di notizie, come il sottoscritto) in piena crisi di astinenza dopo essere stati per ben tre anni senza campagne presidenziali. Certo ci sono le elezioni di mid-term, ma quelle a livello di audience sono veramente le 3 del pomeriggio in California, anzi a volte anche le 11 del mattino!
Ma queste cari concittadini NON sono condizioni normali.
E a renderle “anormali”, per la gioia dei canali all-news, da anni in asfissia monetaria, e in cerca di maniere di riempire a buon mercato palinsesti lunghi ventiquattro interminabili ore, e’ proprio lui ‘The Donald’ intrattenitore oltre che palazzinaro di grandissima capacita’ – gli ascolti di ‘The Apprentice’ il reality dell’NBC in cui lui stesso assumeva e soprattutto licenziava gente non lasciano dubbi.
Bisogna ammetterlo, Trump e’ uno di quei personaggi che un po’ come certi film dell’orrore ti fanno venire la pelle d’oca (un po’ per l’imbarazzo creato da certe affermazioni deliranti, un po’ per la paura che .. “hai visto mai diventa presidente davvero!”) eppure non riesci a distogliere lo sguardo, anche e soprattutto per la curiosita’ di scoprire quale sara’ la prossima corbelleria che uscira’ da quella boccuccia che lui sapientemente deforma in un cerchio quasi perfetto quando dice … “huuuuge”! (groooosso!)
Niente paura cari concittadini, Trump – il Berlusconi americano come l’hanno gia’ definito in parecchi, tanto da far cominciare gli americani ad intuire quello che abbiamo passato noi italiani per gli ultimi vent’anni – presidente non diventera’ mai; ne’ tantomeno secondo il mio modesto parere sara’ scelto dai repubblicani come il candidato da contrapporre a quello democratico nell’elezione di novembre.
Dei repubblicani si possono dire tante cose ma non che siano tanto sprovveduti da diventare, solo perche’ abbagliati da un bravo intrattenitore, politicamente suicidi. L’ultimo bravo intrattenitore (di professione, intendo) trasferitosi alla Casa Bianca, Ronald Reagan, era fatto – per quanto possa piacere o no – di ben altra pasta, anche nella retorica: parlava di citta’ scintillante sulla collina con le porte aperte a tutti coloro che avevano voglia di lavorare, altro che “nazione governata da un branco di stupidi” e “un muro al confine col Messico con sopra scritto ‘Trump’.”
Tuttavia, cari concittadini, siamo ancora a Settembre, in quella che gli americani definiscono ‘silly season’, la stagione delle sciocchezze, e in quanto a queste ultime il Donald veramente non lo batte nessuno. Ma la cosa piu’ importante e’ che lui e’ imbattibile anche negli ascolti, e 23 milioni di ascoltatori in un dibattito repubblicano a meta’ settembre sono un sogno proibito per i manager dei canali “tutte-notizie” – che dovrebbero avere i corrispondenti nei Balcani a raccontare l’esodo piu’ drammatico del dopoguerra ma che, non potendoselo permettere, li mandano tutti alla biblioteca Reagan di Simi Valley con dietro l’Air Force One (l’aereo presidenziale) degli anni ‘80 a disquisire, per giorni, sulle smorfie di Jeb Bush o il sudore di Marco Rubio!
Il fatto e’ che uno come Trump, a questo punto dei giochi, fa comodo a tutti, (tutti meno che gli altri repubblicani s’intende); soprattutto fa comodo ai media, in particolare ai vari CNN, FOX, MSNBC.
E secondo me Trump sta alla stampa americana come Saddam Hussein stava al governo. Mi spiego: a un certo punto per combattere un mostro (che sia l’Iran diventato improvvisamente fondamentalista, o il circolo vizioso degli ascolti che languono da mesi per mancanza di soldi e viceversa) ne viene creato un altro; all’inizio sembra amichevole, bonario al soldo, in un certo senso, del suo creatore. Poi pero’ inevitabilmente nella mente del mostro “amico” subentra una sorta di delirio di onnipotenza che lo fa ritorcere contro i suoi creatori.
La parabola di Saddam la conosciamo bene, quella di Donald si sta svolgendo sotto i nostri occhi – o almeno sotto gli occhi di chi, come il sottoscritto, a prescindere dal livello della programmazione, a spegnere la CNN non riesce proprio. In realta’ il ‘Berlusconi a stelle strisce’ ha gia’ cominciato a rivoltarsi contro il suo dottor Frankenstein, trattando male i giornalisti di tutti i colori, sia etnici che politici, insultandoli pesantemente a distanza o rispondendo cose del tipo “non preoccuparti non e’ un problema tuo” a chi gli pone domande perfettamente legittime durante perfettamente legittime interviste. Ma e’ ancora presto per rimetterlo al suo posto: senza Trump, le primarie almeno fino a natale, non se le guarderebbe piu’ nessuno.
Cosi’ come era prematuro fermare Saddam quando nel 1991 ha cominciato ad alzare la cresta (immagine che nel caso di Trump e’ appropriata anche fisicamente). Si poteva ma non sarebbe convenuto. Dunque si e’ lasciato fare; se ne sono tollerate le stranezze, le arroganze e ahime’, anche le cattiverie. Poi quando e’ stato il momento, quel dittatorello dalla chimica facile convinto di avere uno degli eserciti piu’ temibili al mondo, e’ stato fatto fuori in quattro e quattr’otto, il suo stato fantoccio – disegnato dagli inglesi con il righello – spazzato via, e lui, scovato nel buco dove si era rintanato e appeso (come in realta’ meritava da un bel po’) sulla pubblica piazza.
‘Abbattere’ politicamente Trump e’ molto piu’ facile e, ovviamente, indolore. In quanto al modo, trattandosi di un multimiliardario con, in curriculum, quattro bancarotte, tre mogli e chissa’ che altro, beh, c’e’ solo l’imbarazzo della scelta. Anche senza scavare nel passato personale, basterebbe registrare tutto quello che dice in questi giorni e sottolinearne l’assurdita’ e le contraddizioni (cosa che i giornalisti, probabilmente per ordine di chi gli paga lo stipendio adesso si guardano ancora bene dal fare).
Succedera’ sicuramente, appena i votanti, quelli veri, cominceranno, dopo aver guardato le finali di baseball, mangiato il tacchino, e comprati i regali di natale, ad accendere la televisione e sintonizzarsi finalmente sulla politica .
Certo nel caso dell’Iraq, il dopo-Saddam purtroppo lo conosciamo tutti. E il sospetto e’ che il dopo Trump non lascera’ il partito repubblicano in condizioni tanto migliori. Ma questo e’ un problema loro: non dei media che avranno avuto il loro share di spot pubblicitari a prezzi da saldo, ne tantomeno dei democratici che, gia’ dalla prossima primavera, se giocano bene le loro carte potrebbero avere la strada spianata. E se non altro in questo caso – a parte le metafore politiche – veramente non morirebbe nessuno.