Un ricordo di Claudio Angelini, mio primo vero,
e di gran lunga piu’ amato, “capo” televisivo.
pubblicato su “L’Azione” del 20 Giugno 2015
Piu’ passa il tempo e piu’ capisco perche’ i “coccodrilli” (come si chiamano in gergo giornalistico i necrologi) con buona pace degli scaramantici, si fanno in anticipo. Non e’ facile infatti, nel vortice delle emozioni, rimanere obiettivi nel ricordare una vita – perche’ in fondo, come mi insegarono un era geologica fa a scuola di giornalismo, un necrologio questo e’: parlare del morto raccontandone la vita.
Nel caso di Claudio Angelini, posso solo parlare in prima persona – e con la poca obiettivita’ di cui in questo momento mi sento capace – dell’ultima fase, quella in cui, consumato cronista televisivo e radiofonico, universalmente noto mezzobusto, e direttore di testata di chiara fama e riconosciuta qualita’, si godeva il fine carriera nella sede RAI di New York, come corrispondente del tg2, in veste di editorialista e commentatore “onorario”, nonche’ direttore e anchorman del programma ‘ZOOM’, rotocalco settimanale bilingue prodotto e trasmesso in Nord America da quello che allora si chiamava RAI International, oggi RAI Italia, canale per cui, un era geologica dopo, sono ancora fiero di lavorare.
Tecnicamente non devo a lui le mie prime firme televisive, ma poco ci manca: dopo una breve – e saltuaria – parentesi a ZOOM sotto la guida di Paolo Longo (altro grande saggio del giornalismo RAI) e un anno estenuante – e ahime’ anonimo – di RAI News 24, io giornalista di belle speranze diventai una presenza fissa nel programma curato e condotto dal “direttore”, come in RAI lo chiamavano tutti ma che come tale, almeno con me, non si e’ mai comprtato. Dal 2000 al 2007 ho raccontato quasi tutte le domeniche, su ZOOM appunto, il “lato italiano” dell’America sotto la sua supervisione e mai, ripeto, MAI, ricordo di aver avuto uno screzio, un contrasto, men che mai un litigio.
Certo, direte voi – cari concittadini che non mi conoscono bene di persona – , il giornalistello di provincia alle prime armi al cospetto di un mostro sacro della TV nazionale non si sarebbe mai permesso di “mettersi di traverso” …. Ebbene sappiate che, al contrario, l’anno precedente, con un altro direttore, anche lui dal nome noto, scomparso da un po’ (ma non per questo necessariamente degno di lodevole eulogia) passai piu’ tempo a litigare che a scrivere pezzi e che negli anni a seguire fino a data odierna di battibecchi coi “capi” a prescindere quanto potenti e famosi, con chi piu’ e con chi meno, ne ho collezionati a sazieta’ – magari non numerosi come le firme, ormai quasi a quota mille , ma quasi.
I superiori non mi sono mai piaciuti, e gli ordini tantomeno, specie quando impartiti da chi non reputo degno del mio rispetto e/o della mia ammirazione. Ricordo che una volta scrissi un pezzo tutt’altro che lusinghiero su un ente governativo: il responsabile americano di quell’ente (di cui non faccio il nome) chiamo’ Claudio nella speranza che mi girasse il rimprovero ( perche’ spesso questa e’ la prassi in un paese dove i giornalisti hanno paura dei politcanti e non il contrario, come invece dovrebbe essere). Lui mi disse “non ti preoccupare hai fatto bene!” e rimise quel funzionario al suo posto.
Anni dopo un’altro direttore (di cui non faccio il nome) molto meno degno di tale titolo, in una situazione analoga (si trattava di un parlamentare di cui anche non faccio il nome )se la fece sotto e invece di difendermi addirittura mi rimprovero’: io gli mandai un email di fuoco ricordandogli a suon di parolacce i punti fermi dell’etica e della deontologia. Non mi rispose, e quando andai atrovarlo nel suo ufficio di Roma pronto a una litigata di quelle che si ricordano, fece come se niente fosse mai accaduto. E questo e’ solo uno dei tanti aneddoti di come coi direttori – a cominciare da quelli didattici – d’accordo non ci sono mai andato.
Eppure con Claudio (che direttore non sono mai riuscito a chiamarlo) si’: e ci sono fior di motivi per cui con lui non mi sono scontrato mai! Con me, ma in realta’ un po’ con tutti, era bonario, paterno, sempre tranquillo – almeno in apparenza – anche sotto la pressione folle dei giorni seguenti l’11 settembre: quella tranquillita’ che viene naturale a chi, avendone viste e fatte tante, ha la consapevolezza del “Panta Rei”, mai menefreghista, pero’, perche’ accoppiata all’attenzione e al rigore del giornalista ligio alle regole imposte dall’etica e dall’amore per questa ingrata e straordinariamente affascinante professione/ragione di vita. “Io in un giorno feci 70 pezzi dal quirinale,” mi disse quando io mi lamentavo di aver collaborato al montaggio di tre o quattro di seguito.
Cio’ non significa che il veterano dei reportage presidenziali con un tic all’occhio sinistro e il vizio di accomodarsi i (non troppi) capelli rimasti con un gesto plateale della mano, non impartisse ordini o non dicesse mai dei “no”. Ne diceva eccome, specie a chi – approfittando di quell’apparente nonchalance – tentava di approfittarsi di lui o peggio di fregarlo. Ne ha detti tanti anche a me, e mi ha dato anche tanti ordini, tuttavia, da buon “padre-mentore” quale che era, spiegandomene spesso i motivi e sempre, sempre con classe, da “gentiluomo d’ altri tempi” come ha detto Vincenzo Mollica (che nonostante parli comunque bene di tutti stavolta ha colto nel segno) in uno dei troppo pochi e striminziti ricordi trasmessi dalla TV a cui Claudio ha dedicato la vita intera.
“… lo so, dirai tu, il pezzo e’ lungo e fa schifo,” concluse Vittorio Zucconi l’eulogia del padre Guglielmo, giornalista anche lui, appena scomparso, “scusa papa’ ma oggi non riesco a fare di meglio.” (per il solito motivo che i coccodrilli li devono fare gli estranei e possibilmente in anticipo). Ecco io oggi cosi’ mi sento, orfano del mio direttore, il primo che ho avuto e, almeno finora, di gran lunga quello che ho amato di piu’. Dunque anche questo mio pezzo e’ lungo .. e mi rendo conto che probabilmente fa anche un po’ schifo. Ma Angelini questo non me l’avrebbe mai detto, o almeno non con queste parole. Avrebbe detto, con quella voce vellutata, calma e senza accento, e quel tono sornione di chi comunque ne sa una piu’ di te: “dai Stefano, lo mettiamo la prossima settimana, .. magari nel frattempo togliamo qualcosa, lo facciamo piu’ serrato … eh?”
Ciao Claudio, signore antico, di quelli che cosi’ non ne fanno piu’; in questo marasma di giornalismo urlato e asservito, manchi davvero tanto. A me da qualche anno gia’ mancavi come direttore … adesso mi manchi e basta!