Ci risiamo, cari concittadini: l’America e’ di nuovo in guerra, con un nemico – al solito – in un modo o nell’altro creato da lei. In TV tornano a passare le stesse (identiche) immagini del 2003, i soliti missili tomahawk e gli stessi cacciabombardieri che partono dalle corazzate e dalle portaerei stanziate nel Golfo Persico e quelle che rimandano a 23 anni fa, al gennaio del 1991, in bianco e nero un po’ sfocate dei sedicenti ‘missili intelligenti’ che entravano in un sedicente bunker inquadrato da un mirino e lo facevano esplodere.
“Per quanto ne sapevamo, quei bunker potevano anche essere fatti di Lego,” dice Robert de Niro nei panni di uno stratega politico della Casa Bianca a Dustin Hoffman nella parte di un produttore di Hollywood assoldato dallo stesso De Niro per creare con i potenti mezzi del cinema una “finta guerra” ingannando media e opinione pubblica, e risparmiare cosi’ al presidente una sconfitta elettorale.
Il film si chiama Wag the Dog (La coda che muove il cane), commedia paradossale ma sinistramente realistica, su quanto, il governo riesca a manipolare fatti e notizie dirigendo l’opinione pubblica nella direzione che vuole. Non solo e’ ancora attuale nonostante sia uscita nel 1997, ma anzi , in questi giorni di angoscia collettiva per una nuova guerra e un’altra potenziale ondata di terrorismo, la pellicola diventa piu’ istruttiva e provocatoria che mai.
Certo, cari concittadini, dal mio appartamento nei sobborghi di Boston un analisi delle forze in gioco in questa nuova guerra contro questo nuovo mostro – piu’ mostruoso che mai – e’ praticamente impossibile, anche per il piu’ stagionato dei ‘notiziomani’.
Di fatto la situazione e’ piu’ ingarbugliata del solito: sunniti e sciiti (divisi da sempre, in teoria dalla discendenza dal profeta Maometto, e in pratica dal controllo di una zona del mondo che gronda di petrolio) sono, piu’ che mai, in guerra. Nella storia recente pero’ si sono alternati, agli occhi dell’America e dell’occidente, nel ruolo dei buoni e dei cattivi.
Nel 1978, anno della rivoluzione islamica, l’Iran sciita divento’ il nemico numero uno; poi pero’ il “buono” messo li’ per arginarlo, Saddam Hussein, e’ diventato “cattivo” a sua volta; cosi’ per togliere di mezzo quest’ultimo, gli USA hanno creato un vuoto di potere tale che adesso l’ISIS (o IS o ISIL o Daesh che dir si voglia) gruppo sunnita con chiare ambizioni territoriali – di cui pero’ nessuno fino a sei mesi fa aveva mai sentito parlare – cerca di riempire. E lo fa con metodi talmente feroci e indiscriminati da non lasciare piu’ dubbi su chi sia veramente il “cattivo” in quella zona del mondo, mettendosi tutti contro, anche i “cattivi storici” – primo tra tutti il Siriano Bashar Al-Assad – facendoli sembrare, in virtu’ di un perverso sillogismo, quasi “buoni”.
Fin qui, trattandosi di Medio Oriente, (ricordate il libano?) la situazione sembrerebbe quasi, orribilmente, normale. Ma stavolta c’ e’ un elemento in piu’: il tentativo – senz’altro riuscito – dei cattivi di apparire, agli occhi degli occidentali, cattivissimi, al punto di costringere Presidente e popolo Americani, dopo dieci inutili e snervanti anni di permanenza in Iraq, di tornare, anche se assolutamente controvoglia, ad intervenire militarmente.
Ma che convenienza ha, cari concittadini, un gruppo, nel momento piu’ fluido e delicato della conquista, ad attirare su di se l’attenzione, l’ira, e le bombe dell’occidente? Perche’ i video, in alta definizione delle chiese distrutte, degli eccidi in stile nazista di cristiani e delle decapitazioni di giornalisti e volontari col boia che addirittura parla in inglese? Non e’ forse questo il modo piu’ efficace di fugare ogni dubbio su chi sia veramente il cattivo e su quanto sia urgente fermarlo? Cui Prodest? Dicevano i latini. A chi giova? Di certo non ai guerriglieri che per quanto fanatici, almeno da come girano e montano i video, non sembrano affatto stupidi.
Ma per esempio, non farebbe male a Putin, avere l’attenzione del mondo lontana dall’Ucraina; e non fa male all’alleato storico della Russia, Assad visto che parte della Siria e’ gia’ in mano al sedicente califfato; non nuoce nemmeno a Teheran che in cambio di appoggio politico e silenzio diplomatico puo’ allentare la pressione sulle sue ambizioni nucleari; infine gli emirati del Golfo, Arabia Saudita in testa, finora in bilico tra buoni e cattivi, possono tornare a fare i “buoni” eliminando un concorrente – sleale come l’ISIS – dal mercato mondiale del greggio .
E chissa’ chi altro potrebbe avere interesse nel pilotare l’orrore e attirare la voglia di giustizia del mondo in quel mare di sabbia e petrolio. Certo, cari concittadini, le risposte non si trovano dai sobborghi di Boston, ma la sensazione che ci sia una coda, potente, che sta sventolando violentemente il cane, stavolta, non me la toglie nessuno.