Gingrich Pigliatutto (Famiglia Cristiana)

Che giocasse in casa lo si sapeva, e si sapeva anche che dopo la brillante performance al dibattito di giovedi’ scorso i suoi numeri erano cresciuti fino a superare, seppur di misura quelli di Mitt Romney, fino ad allora favorito. Ma una vittoria cosi’ schiacciante di Newt Gingrich in South Carolina non se l’aspettava nessuno. Forse nemmeno lui.

Eppure i ben 12 punti percentuali di scarto sul diretto rivale (Gingrich 40% – Romney 28%) non lasciano dubbi su chi ha convinto, e chi no, i repubblicani del Sud, di essere l’uomo giusto per sfidare e battere a novembre il presidente Obama. Gingrich ha stravinto, in tutte o quasi le conteee dello Stato, sia tra gli uomini che tra le donne, in tutte le fasce di età dai 30 in su, in tutte le fasce di reddito dai 200,000 dollari l’anno in giù. Nonostante i 2,7 milioni di dollari spesi in pubblicità televisive in quello Stato da Romney, il vecchio volpone dei palazzi di Washington è riuscito in pochi giorni a ribaltare la situazione a suo favore dipingendo il rivale come un distante e opportunista finanziere lontano dai problemi della gente comune, poco coerente e soprattutto poco sincero giocando, tra le altre cose, sul suo continuo rifiuto di rendere pubblica la sua dichiarazione dei redditi.

Paradossalmente anche l’intervista poco lusinghiera rilasciata dall’ex moglie di Gingrich a due giorni dal voto ha giovato all’immagine dell’ex presidente della Camera, dandogli l’opportunita’ di attaccare i media amplificando il risentimento generale in casa repubblicana nei loro confronti e dimostrando alla base, con linguaggio popolare e con stile ruvido e aggressivo, tipico degli anni della sua “rivoluzione conservatrice” contro Clinton, di essere il tipo di ‘lottatore’ necessario a scalzare il presidente in carica.

E proprio per Obama ha avuto le parole più dure nel discorso di ringraziamento ai sostenitori dopo la vittoria: lo ha definito il presidente dei sussidi statali, dell’ambientalismo estremista e della debolezza in politica estera, “una debolezza tale”, ha aggiunto Gingrich tra le ovazioni “da far sembrare forte anche Jimmy Carter” – presidente che in casa repubblicana molti chiamano ancora “Wimp”, o pappamolla. Dal canto suo Obama, facile bersaglio di tutti i candidati repubblicani – in particolare quando vogliono cambiar discorso -, avrà modo di rispondere martedì prossimo, durante lo stato dell’Unione, il discorso annuale davanti alle Camere riunite. Insomma si scaldano gli animi, si alzano i toni, (presto dovrà alzarli anche Romney se vuole sopravvivere) e soprattutto si riapre completamente la corsa alla nomination repubblicana.

In una settimana si è passati da Romney inevitabile favorito a una situazione praticamente di parità, con i primi tre Stati vinti da tre candidati diversi. Finora però Romney e Gingrich, ripsettivamente in New Hampshire e in South Carolina hanno giocato e vinto – anzi stravinto – in casa. Fra dieci giorni si vota in Florida, Stato molto più grande popolato e politicamente complesso dei primi tre, dove la crisi specie da un punto di vista finanziario-immobiliare ha colpito duro, durissimo. Li’ si dovrà parlare di cifre di programmi, di proposte concrete oltre – come tutti gli analisti già prevedono succederà – a infangarsi l’un l’altro. In poche parole la campagna elettorale, quella vera deve ancora iniziare.

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